Il Ministero del Lavoro con la circolare n. 3 del 1° febbraio 2016 ha inteso fornire agli ispettori del lavoro le prime istruzioni operative sulle nuove collaborazioni coordinate e continuative nel settore privato, che, per effetto del combinato disposto di cui agli artt. 2 e 52 del D.Lgs. n. 81/2015, ricadono nello spettro dell’art. 409, n. 3, cod. proc. civ., se le prestazioni rese sono gestite autonomamente dal collaboratore, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione imprenditoriale del committente, senza alcuna rilevanza e del tutto indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione del lavoro, senza alcuna forma di etero-organizzazione che incida sul tempo e sul luogo di lavoro, in ragione dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, che esplica i suoi effetti dal 1° gennaio 2016.
In questo senso, infatti, depone l’espressa previsione del comma 2 dell’art. 52 del D.Lgs. n. 81/2015, il quale testualmente afferma: «Resta salvo quanto disposto dall’art. 409 del codice di procedura civile», rilanciando il ruolo normativo dell’art. 409, n. 3, cod. proc. civ., che ricomprende nel novero delle controversie individuali di lavoro, quelle che scaturiscono da «rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato».
Lavoro a progetto
La circolare n. 3/2016, d’altronde, prima di entrare nel vivo sulle nuove disposizioni in materia di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, si sofferma sulle sorti del lavoro a progetto.
Le abrogazioni operate dall’art. 52, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, infatti, toccano l’intera disciplina del lavoro a progetto, contenuta negli artt. 61-69 del D.Lgs. n. 276/2003, sottoposta in un decennio a molteplici interventi emendativi, con l’effetto immediato, a far data dal 25 giugno 2015, di non consentire la stipulazione di ulteriori contratti di lavoro a progetto, ma anche di impedire la prosecuzione, mediante proroga, dei contratti a progetto che giungono a scadenza, essendo mantenuta vigente, transitoriamente, la disciplina dettata dagli artt. 61-69 del D.Lgs. n. 276/2003, esclusivamente per i rapporti in corso.
Sul punto la circolare n. 3/2016 specifica, coerentemente, infatti, che le citate disposizioni del D.lgs. n. 276/2003 seguitano a trovare applicazione “esclusivamente per la regolamentazione dei contratti stipulati prima del 25 giugno 2015”.
Solo tali contratti, fino a scadenza, possono esplicare i loro effetti secondo le originarie (e abrogate) previsioni degli artt. 61-69 del D.Lgs. n. 276/2003, pur restando assoggettati, nel loro svolgimento, alla disciplina dell’art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 81/2015 alla medesima stregua della generalità delle collaborazioni continuative che siano esclusivamente personali.
Estensione della subordinazione
Momento centrale della circolare n. 3/2016, d’altro canto, è propriamente quello nel quale il Ministero si pronuncia ufficialmente sulla portata normativa della disposizione che estende l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alla collaborazione che presenti particolari requisiti previsti dal legislatore del Jobs Act.
L’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, estende, in effetti, l’areadella subordinazione, applicando, dal 1° gennaio 2016, le norme sul lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che presentino contestualmente tre caratteristiche identificative della “etero-organizzazione” nello svolgimento delle prestazioni di lavoro dedotte nel contratto:
– sono esclusivamente personali;
– si caratterizzano per essere continuative;
– le modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Secondo la lettura offerta dalla circolare ministeriale, dunque, quando il collaboratore opera all’interno di una organizzazione datoriale nei confronti della quale deve “osservare determinati orari di lavoro” ed anche svolgere la propria attività lavorativa “presso luoghi di lavoro individuati dallo stesso committente”, le condizioni di legge presupposto per l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato al rapporto di collaborazione in essere devono considerarsi “avverate”, ovviamente se le prestazioni risultano essere anche continuative e svolte in maniera esclusivamente personale.
La Circolare n. 3/2016, inoltre, conferma quanto già sottolineato da una pare della dottrina, secondo cui si reputa necessario, ai fini dell’applicazionedelle norme sul lavoro subordinato, che sussistano congiuntamente tutti e tre gli elementi caratterizzanti evidenziati: in questo senso i tecnici ministeriali affermano espressamente che le condizioni individuate dal legislatore “devono ricorrere congiuntamente”.
Il Ministero si sofferma pure utilmente nella illustrazione essenziale del significato delle locuzioni utilizzate dal d.lgs. n. 81/2015, chiarendo che:
· per “prestazioni di lavoro esclusivamente personali” devono intendersi le attività lavorative “svolte personalmente dal titolare del rapporto, senza l’ausilio di altri soggetti”, con ciò confermando che non è sufficiente alla automatica estensione della subordinazione una collaborazione continuativa ed etero-organizzata che non sia anche esclusivamente personale perché, ad esempio, il collaboratore si avvale della possibilità di farsi sostituire o aiutare da altri;
· per “continuative”, inoltre, devono intendersi le prestazioni che si ripetono in un arco temporale determinato allo scopo “di conseguire una reale utilità”.
In merito alla etero-organizzazione della collaborazione, peraltro, il Ministero segnala che l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 esplicherà tutta la sua efficacia quando le prestazioni di lavoro sono organizzate dal committente “quantomeno” (intesa come azione essenziale e indispensabile di organizzazione) con riguardo alle location e alle fasce temporali (anche orarie) di svolgimento delle attività dedotte in contratto.
Per effetto della sussistenza congiunta dei requisiti di legge (che la circolare ministeriale identifica condivisibilmente quali “condizioni di etero-organizzazione”), dunque, al rapporto di lavoro deve essere applicata la “disciplina del rapporto di lavoro subordinato”.
Sul punto la circolare n. 3/2016 prende atto della obiettiva circostanza che la “formulazione utilizzata dal Legislatore” appare inevitabilmente ampia e “generica”, traendone la conclusione operativa che il portato legislativo lascia necessariamente intendere che al rapporto di collaborazione in regime di etero-organizzazione deve applicarsi la generalità delle tutele ordinariamente (“normalmente”) applicabili ad un rapporto di lavoro subordinato, vale a dire “qualsivoglia istituto, legale o contrattuale” tipico del lavoro dipendente, rispetto a cui le indicazioni ministeriali esemplificano (ovviamente senza pretese di esaustività): trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele rispetto al licenziamento illegittimo.
D’altra parte, circa la conseguenza sanzionatoria derivante dalla norma, i tecnici del Ministero del Lavoro, avevano già risposto nello stesso senso affermando che: «non vi è una vera e propria riqualificazione del rapporto ma, in presenza dei requisiti di legge (…) la semplice applicazione degli istituti che caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato».
Sostanzialmente, dunque, l’intervento legislativo, lungi dall’identificare un tipo contrattuale a sé stante, si limita a caratterizzare i profili di non legittimità, nel nuovo quadro regolatorio, della collaborazione coordinata e continuativa come contratto non subordinato, facendo derivare dalle “condizioni di etero-organizzazione” le stesse conseguenze “legate ad una riqualificazione del rapporto”, con l’effetto, secondo l’espressa dizione della circolare n. 3/2016, di semplificare l’attività ispettiva che, a fronte della sussistenza congiunta dei requisiti elencati dall’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, “potrà limitarsi ad accertare la sussistenza di una etero-organizzazione”, appunto.
Peraltro, la circolare n. 3/2016 ha ulteriormente precisato che la verbalizzazione conclusiva dell’attività ispettiva in applicazione dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 deve comportare anche l’accertamento delle violazioni in materia di collocamento (con esplicita indicazione degli obblighi di comunicazione di assunzione e di consegna della dichiarazione di assunzione che attengono alla disciplina del lavoro subordinato) e conseguente irrogazione delle relative sanzioni amministrative pecuniarie.
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